mercoledì 18 luglio 2007

Carpe Diem

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Vt melius, quidquid erit, pati!
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum! Sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida
aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero.

(XI ode del I libro delle Odi di Orazio)

Leuconoe, tu non chiedere, e neppure sarebbe lecito saperlo, quale termine a te e a me gli dei hanno concesso; non tentare i calcoli Babilonesi. Come sarebbe meglio sopportare ogni cosa! Sia che più inverni Giove ci assegni, sia che questo sia l’ultimo che sulle opposte scogliere stanca il mare Tirreno! Sii saggia; versa il vino e tronca una lunga speranza in uno spazio breve. Mentre parliamo sarà fuggito il tempo geloso: carpe diem, meno che puoi fidando nel domani”

"Carpe Diem, quam minimun credula postero". Si conclude così questa ode di Orazio che tanto è entrata nel pensiero comune da diventare un modo di dire molto conosciuto. Ma il poeta del Carme Secolare e delle Satire, non fa, come potrebbe sembrare, un invito alla dissolutezza morale, ma esorta la sua amata a vivere con pienezza la vita, a cogliere le occasioni che questa ti pone davanti e a non far troppo affidamento sul tempo. L'unica cosa che abbiamo in mano è il presente, non dobbiamo affidarci né a oroscopi, né a false speranze. Nulla di tutto questo esiste. Esistiamo noi ora, nel tempo che ci sfugge di mano, rapidamente, inesorabilmente. Questo tempo, definito geloso, che ci priva della nostra felicità portandola via con sé in un attimo. Non ci è dato sapere cosa ci accadrà e forse non è neanche giusto saperlo.
Ma non c'è tristezza in queste parole. Solo una ferma decisione a vivere la vita nella sua pienezza, avendo cura dell'"ora", diffidando delle seduzioni del "domani".

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